La legna, dopo il fuoco, vuole tornare albero.
Sofferenze, faticose sconfitte, sogni spenti: quanto abbiamo arso nella nostra vita? Non è facile ammettere, non è facile scommettere sul prossimo passo. Abbiamo superato, dimenticato, accantonato, ma quanta legna arde ancora come brace inesausta nel nostro cuore?
Ogni giorno ardiamo un pezzetto di noi stessi, disseminato tra piccole e grandi rinunce, tra scelte obbligate e impegni presi. Ogni traguardo chiede di bruciare ancora un po’, fino alla prossima meta, e poi ancora fino all’ultima. Qual è il nostro compenso?
Non c’è luogo dove un albero possa restare a distendere le sue chiome e inabissare le sue radici a lungo, dove il presente sia la sola cosa che conta e il futuro è senza traguardi brucianti. Un luogo aperto come il cielo ad ogni fiore che sboccia.
Tutto cambia? Tutto è veloce? Non è vero, quello che ogni giorno viviamo non è cambiamento, non è velocità: le regole sono fisse, la rapidità non corrisponde ad un progresso del nostro cuore e non si smette di ardere un altro pezzetto. Lottiamo per lenire, sedare, sperare, distrarre, ottenere sollievo.
Ma una volta sciolto il nodo tra fato e necessità, la pletora di indizi si dipana e resta ciò che siamo. Si libera di nuovo l’aria e la luce è aperta.
L’Albero è pronto a giocare con nuove fronde e radici più profonde e libere. Le nuove scelte sono, incredibilmente, in connubio con gli impegni e le promesse non mantenute si rinnovano con nuove formule inaspettate. L’attesa non è più il nostro destino. La vita è il nostro presente.